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 STORIA DI ARIANO IRPINO Riduci

A cura di: Domenico Cambria

Le Origini

Una testa di Apollo rinvenuta sotto la Cattedrale durante i lavori di restauro del campanile, crollato con il sisma dell’80, e due colonne rinvenute al Piano della Croce, una sormontata da una croce longobarda,

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l’altra in villa presso il monumento eretto in onore di Pietro Paolo Parzanese, non vogliono assolutamente dire: nel primo caso che presso la Cattedrale vi fosse un tempio di qualsiasi genere, diversamente ne avremmo rinvenuto le traccia; nel secondo che in quel sito si trovasse un tempio dedicato a Giano, tantomeno un’ara. Con certezza, sul Tricolle non è mai stato rinvenuto alcun reperto né di epoca romana, né precedente. Questi i fatti storici. Il Tricolle, nell’antichità, era una montagna e nulla più. I centri abitati si trovavano in genere a valle, presso i corsi d’acqua o a mezza costa. Ma Ariano ed il suo popolo ha lo stesso origini antichissime, presente sul suo vasto territorio già dal periodo neolitico

Il sito neolitico della “Starza” 

Grazie agli scavi condotti dalla famiglia Ciccone, (ditta SPIGA) intorno alla collina della “Starza”, ricca di solfato di gesso, agli inizi del 1900 venivano alla luce i primi segni di un’antica civiltà di epoca neolitica. La posizione chiave della  “Starza”, a

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cavallo tra il Cervaro ed il Miscano, quindi tra l’Adriatico ed il Tirreno, crocevia di un dedalo di strade che la mettevano in contatto a Sud con l’Ofanto, la Sella di Conza e Paestum attraverso il Varco Finestra di Acerno, a Nord con quello che anticamente era solo un sentiero, successivamente il tratturo Pescasseroli-Candela, a est ed ovest con le direttrici che portavano dal Gargano a Capua ed il Tirreno, passando per Benevento, fece sì che questa località fosse matrice di grande sviluppo civile e demografico. Studi avanzati dall’archeologa, prof.ssa Claude Lidady, dell’ Università Federico II di Napoli, hanno accertato che questa località rappresenta uno dei maggiori siti archeologici a livello europeo

Ariano nel Sannio 

La civiltà della “Starza” vive sino agli arrivi dei primi popoli provenienti dal Nord Italia, tra questi i Pelasgi, di stirpe Argiva, provenienti dalla Tessaglia e dediti al culto della dea Hera Argiva. Successivamente furono gli Osci ad occupare la catena appenninica, poi i Sanniti che ne fecero la storia.Gli Hirpini erano una delle quattro tribù che con i Caraceni i Pentri ed i Caudini componevano l’antico Sannio. Assieme resistettero contro Roma per ben 300 anni, sino alla completa disfatta avvenuta con la battaglia di Aquilonia nel 295 a.C.

Facevano parte dell’Hirpinia sannita Abellinum, l’attuale Atripalda, Compsa, Aeclanum, Trevicum, una Bovianum occupata dagli hirpini quando intorno al 1000/1500 a.C. giunsero alle falde del monte Celica, le sorgenti del fiume Calore, il tempio della dea Mefite posto nella valle d’Ansanto, il maggiore santuario di tutto il Sannio, e Touxion, la città politicamente più potente del Sannio, nata intorno ad una dea apportatrice di vittoria, l’Afrodite Nicefora. Questa Venere fu esportata da Touxion ed inviata a Roma come trofeo di guerra da Fabio Gurges, console romano e proconsole in Irpinia dopo la battaglia di Aquilonia. Persa nella nebulosa del tempo, questa città è considerata ignota.

Aequum Tuticum 

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Se Touxion, probabile città hirpina, rimane avvolta nel mistero, non Aequum Tuticum, la vecchia Ariano, o per meglio dire l’antico centro urbano degli attuali abitanti del Tricolle, città romanizzata dopo la caduta del Sannio ed urbanizzata da festo, il suo maggiore architetto. Posta ai confini con Castelfranco in Miscano, questa località fu oggetto di studio da parte di archeologi e studiosi di mezzo mondo. Addirittura potrebbe essere la leggendaria Touxion. Vedremo subito il perché. Scavi condotti dalla Soprintendenza di Avellino hanno portato alla luce circa 2000 reperti di epoca romana in parte abbandonati sul sito, in parte nei depositi della Soprintendenza di Napoli

In epoca romana Aequum Tuticum divenne il centro di un vasto territorio che comprendeva anche i comuni di Bovino, Panni, Monteleone ed Orsara, oggi in territorio pugliese. E, se tutte le strade del mondo portavano a Roma e quelle del Centro Italia a Benevento, tutte le strade dell’area campana e dauna conducevano ad Aequum Tuticum

Il primo, tra gli scrittori ed i poeti antichi che cita Aequum Tuticum è Cicerone, per una sua corrispondenza avuta con Pomponio Attico dalla città hirpina. Egli afferma: “…sosta obbligata verso l’Apulia, è città di elevata condizione sociale in quanto fornita di ogni comodità”. Claudio Tolomeo, nel suo testo di geografia, riporta Aequum Tuticum con il nome di Touticon. Più tardi, il Fedele, nel 1928, elaborò un trattato dal titolo: “La città di Ariano I. nella storia e nella leggenda”; mentre il Sogliano, sempre nello stesso periodo, per la prima volta elaborò un trattato intitolato: “Aequum Tuticum”. Preller avanzò addirittura l’ipotesi (adesso quasi certa) che l’Afrodite Nicefora di Aequum Tuticum avesse qualche rapporto con la statua delle Venere Victrix esistente in Campidoglio. Ma fu lo storico beneventano Domenico Petroccia che nel suo testo “Origini e rovine di Aequum Tuticum” (estratto dalla rivista “Samnium” 1962), pose le basi per sostenere quello che risulta ancora un mistero, per l’assoluta assenza delle autorità irpine. Il Petroccia aveva iniziato con il riportare alla luce la storia di Aequum Tuticum, quando improvvisamente si ritrovò ad affrontare la questione Touxion in quanto rinvenne che lo Pseudo-Plutarco (100 d.C.) in più testi faceva menzione ad Aequum Tuticum appellandola proprio Touxion, la leggendaria metropoli dei Sanniti, riconoscendole un ruolo di preminenza su tante altre città del Sannio, aggiungendo una notizia che già altri avevano riportato in maniera sommaria, quella che riguardava Fabio Fabriciano, console romano e pro-console in Hirpinia durante la III guerra sannitica, che aveva asportato da Touxion e trasferita a Roma come trofeo di guerra una statua di Afrodite Nicefora venerata dai suoi abitanti come dea apportatrice di vittoria (G. Tagliamonte “I Sanniti” Ed. Longanesi). Personalmente siamo del parere che questa città risalga almeno a quando, prima i Pelasgi poi gli Osci, quindi i Sanniti, si stabilirono sul nostro territorio, assorbendo il sito della Starza. Aequum Tuticum non è altro che la latinizzazione del vecchio termine. Di tanto in tanto, con le arature, i locali contadini rinvengono monete ed armi di epoca sannitica.     

 Con la caduta dell’Impero Romano decadono tutti i suoi Municipi, la sua stessa civiltà. Orde di barbari provenienti soprattutto dal Nord, mettono a ferro e fuoco l’Italia. Aequum Tuticum non è un avamposto militare, è solo un luogo di passaggio, di scambi commerciali e culturali. I traffici si interrompono, la nobiltà ha paura, con essa gli artigiani e quanto altri vi fossero per svolgere le loro attività. Scappano, cercano rifugio altrove, migrano nella vicina Benevento, a Capua, forse nella stessa Roma.

Restarono ad Aequum Tuticum, o nei suoi dintorni (a Castelfranco in Miscano, Ginestra, Casalbore, Buonalbergo), i contadini, coloro che da una vita vi avevano sempre abitato, ancora saldamente legati alle loro radici, le antiche famiglie di stampo sannita, da sempre avvezze al peggio. Orde di barbari invadono il vecchio impero, tra questi i Visigoti di Alarico, che assaltano Roma e la mettono a ferro e a fuoco. I Vandali, guidati da Genserico occupano la Spagna, mentre gli Unni sono alle porte. In questo contesto di anarchia politica, ecco giungere Teodorico, re degli Ostrogoti, che si dichiara ambasciatore dell’Impero d’Oriente, proclamandosi il nuovo Imperatore d’Occidente. E’ l’occasione per Giustiniano di sferrare il suo attacco. La conquista è affidata a Belisario e Narsete. Il primo sbarca in Sicilia, il secondo a Napoli, conquista dapprima Abellinum, poi Aeclanum, infine Compsa. Siamo nel 555. Ariano ancora non c’è, non viene nominato, altrimenti la storia ne avrebbe parlato. Come non viene nominata Aequum Tuticum, già abbandonata e distrutta nei precedenti cento anni ed oltre di conflitti.

I longobardi ad Ariano  

Dopo queste conquiste, Narsete, che si trovava a Napoli, manda a dire ad Alboino, re dei Longobardi, che aveva occupato un territorio molto diverso dalla loro Pannonia, con un clima mite dove laghi, fiumi, boschi ed un’abbondante cacciagione ne facevano un Eden. Alboino non se lo fa ripetere due volte, prende la sua gente con sé, supera le Alpi Giulie, entra in Italia, conquista il Nord, e nomina Pavia capitale. I Longobardi, anche se in una prima fase si dimostrano degli invasori non diversi dagli altri, lentamente incominciano ad amare la nuova terra. Sanno che hanno di fronte una nazione a pezzi e per questo vogliono conquistarla in tutti i sensi. Attraverso anche la vecchia burocrazia romana, essi dividono la penisola in ducati, contee e gastaldi. Dopo Pavia a Nord, capitale assoluta, individuano in Spoleto la capitale per il centro ed in Benevento quella per il Sud. Zotone fu il primo duca. I confini di questo ducato si estendevano dal Sannio molisano, alle Marche, all’Apulia, alla Campania, alla Lucania ed alla Calabria. Ariano, a stretto contatto con il confine appulo ed in posizione strategica lungo uno dei confini più strategici, soggetto alle invasioni sia dei Bizantini sia dei Saraceni, diviene, assieme ad Abellinum, Montella, Solofra e Compsa uno dei gastaldi. Con il nuovo assetto politico, cambia anche quello urbanistico. Se prima gli agglomerati urbani trovavano posto a mezza costa o sul piano, adesso occorre difendersi, devono essere costruiti il più in alto possibile. Nasce così il castello. Intorno ad esso il concetto urbanistico medioevale che porterà successivamente alla nascita dei Comuni, con essi della feudalità, mantenuta sino alla sua abolizione con l’editto di St. Claude nel 1806.

Nascita di Ariano 

Intorno al 571, quando furono istituiti i gastaldi, i longobardi individuano nel Tricolle una delle loro roccaforti. Non solo ripopolano la vecchia Aequum Tuticum ma anche la nuova città, permettendo ai vecchi proprietari della prima di fare ritorno nelle loro terre, alla seconda di organizzarsi. Prima il castello, poi il borgo della Guardia,                                          image009.jpg     quindi il Sambuco e S.Stefano, la città via, via, prende corpo protetta da poderose mura e dai nuovi guerrieri. Considerando che Zotone fu duca nel 571 ed il gastaldo nasce durante l’organizzazione del ducato, Ariano nasce proprio in questo periodo, diciamo intorno al 580.

Da dove proviene il nome Ariano? Il termine è incerto. Secondo alcuni deriverebbe da Area o Aria nel senso di Ager o Locus abbandonato. Tutte le aree, allora, dovrebbero chiamarsi Ariano. Riteniamo pertanto che una tale interpretazione sia poco attendibile. Altri vorrebbero che il nome derivi da “arenaria”, la pietra sulla quale poggia la città. Altri ancora, ed è questa l’opinione più diffusa, fanno risalire il toponimo ad un’antica “ara” che doveva trovarsi in quel probabile tempio dedicato al dio Giano di Piano della Croce. Ma, come abbiamo visto, Ariano storicamente prima dei longobardi non esiste, nasce con i longobardi, potevano mai questi chiamare una città da essi fondata con il nome di una divinità estranea, a loro pagana? Pensiamo di no. Questa analisi realistica delle cose, ci porta ad escludere anche questa possibilità per formularne un’altra, frutto di un’attenta osservazione dei fatti storici come realmente si sono verificati. I Longobardi erano “Ariani”, essi non poterono che chiamare la loro città con un nome che ricordasse qualcuno o qualcosa che gli appartenesse. Ario il loro profeta. E’ chiaro che anche questa è una teoria, meglio ancora un’analisi. Che, assieme alle altre, potrà avvicinarsi ad una possibile verità, quanto più logica appare.

Ufficialmente, il nome di Ariano viene fatto per la prima volta solo nell’anno 797, quando Leone Ostiense fa riferimento ad un casale, quello di Ariano. Successivamente è riportato dallo storico Erchempetro, a riguardo di uno scontro tra longobardi e saraceni, avvenuto nell’anno 858 nei suoi pressi. Prima, del suo nome, non c’è traccia. Ma la città, pur nella sua piccola entità, esisteva. Nel tempo, per la sua posizione strategica, Ariano diviene uno straordinario baluardo strategico tra la Puglia e la Campania. Contea nel periodo che vide Benevento divenire Principato

I Normanni ad Ariano 

Con la caduta dei longobardi, divisi per il potere e per ragioni religiose sempre tra ariani e cattolici, verso l’anno 1000 a sollevare il dissesto del Sud Italia ci pensano i Normanni. Abili guerrieri e politici, essi si mettono al servizio di tutti, della Chiesa, dei longobardi e dei bizantini al solo scopo di acquisire terreni e farsi riconoscere come entità politica. Questo abile gioco li porta a conquistare l’intera Italia Meridionale. Loro capitale è Palermo. Per il Nord del Regno, Melfi. Con l’incoronazione nel 1130 nella Cattedrale di Palermo di Ruggero II, Ariano, già potente, aumenta il suo prestigio sul territorio, anche grazie al fatto che Abelarda da Buonalbergo, sorella di Gerardo, conte di Ariano, sposa nientemeno che Roberto il Guiscardo. Gerardo così diviene Gran Conte di Ariano. La città fu munita di un potente castello, la sua espansione territoriale arriva sino a Troia, a Morcone ed alle porte di Avellino, il suo ducato è soggetto solamente all’alta signoria feudale del Gran Ducato di Puglia. E’ questo il momento di massimo splendore storico del Tricolle. Ruggero II il normanno,image012.jpg nell’anno 1140 vi tenne il primo parlamento, dove dettò le famose Assise, le basi giuridiche ed istituzionale del suo Stato.  Fu inoltre coniato il ducato, che rimase in vigore sino all’unità d’Italia. Nella impossibilità di potere illustrare la storia successiva nei particolari, nel maggio del 1190, Tancredi, Conte di Lecce, tenne testa agli Svevi che cercavano in ogni modo di conquistare il Regno, quindi Ariano.

Fine dei Normanni e potere della Chiesa

Quando nel 1194 Enrico VI ne ottenne finalmente il dominio, Ariano non accettò il nuovo “status” e l’infeudazione di Rainaldo de Moach. Da qui la continua politica antisveva condotta sino a tutto il XIII secolo. Alla morte di Federico II (1250), Ariano non esitò a dichiararsi sotto la sovranità della Chiesa, reggendosi sempre in maniera indipendente. Ma le sorti della città ormai sono segnate. Nel Regno diviene sempre più forte la figura di Manfredi, figlio di Federico II. La notte del 5 aprile 1255, il principe svevo, con l’aiuto dei saraceni di Lucera, assale Ariano e la mette a ferro e a fuoco. Il papa Urbano VI, per la strage compiuta, scomunica Manfredi. Successivamente richiama in Francia dalla Terra Santa Carlo I d’Angiò, e nella Basilica di Roma dell’anno 1264 lo nomina re di Sicilia e di Napoli. Nel 1266, nella famosa battaglia di Benevento, Carlo d’Angiò ha la meglio su Manfredi. Il 7 giugno dell’anno 1269, il nuovo re visita Ariano I. e, mosso a pietà per l’eccidio commesso, ricostruisce la città, facendole dono di due spine della corona di Cristo,image014.jpg consegnate nelle mani del Vescovo Pellegrini, gelosamente custodite presso il Museo degli Argenti della Cattedrale.

Dagli Sforza all’Unità d’Italia

Con la fine degli Angioni, avvenuta nel 1269, Ariano passa ad Enrico de Vaudemont. Successivamente, nel 1294, ad Ermengao de Sbramo, due nobili provenzali. Grande oppositore di questo ennesimo padrone fu il vescovo arianese Rao che, capeggiato dal clero e da una buona parte della classe contadina, rappresentò un vera e propria spina nel fianco del nuovo padrone, sino a quando non gli furono sottratti tutti i beni della mensa vescovile, tra questi il suffeudo di S.Eleuterio. Costretto successivamente ad abbandonare Ariano per rifugiarsi a Benevento. Nel 1417 Giovanna II concede la contea a Francesco Sforza, che la detiene sino al 1440. Con gli spagnoli e Alfonso d’Aragona, Ariano fu data a Inigo Guevara. Nel 1496 fu venduta ad Alberico Carafa, che lo detenne sino al 1528, quando ne venne privato per essersi ribellato alla loro feudalità. Nel 1532 la contea passa ancora a Ferrante Gonzaga. A partire dalla seconda metà del 1500 Ariano aumenta il suo prestigio sul territorio con la nuova strada delle Puglie che gli da grande sviluppo demografico ed economico, superiore alla stessa Montefusco, capitale del Principato Ulteriore, e ad Avellino. Nel 1577, per i tanti debiti accumulati, i Gonzaga sono costretti a vendere il ducato a Laura Loffredo, vedova di Fabio Gesualdo. Ma i cittadini colgono l’occasione per riscattarla. Cosa che avvenne con grande sacrificio, al punto che l’Università dovette imporre tasse e dazi su tutto. La popolazione, sottoposta ad enormi sacrifici, si impoverì, tanti emigrarono, soprattutto gli artigiani. In questo periodo Ariano conosce uno dei suoi peggiori momenti. I debiti contratti con le tante banche, furono rimessi dal duca di Bovino Antonio Guevara, che riusce in questo modo a realizzare il suo antico sogno: accorpare Ariano al suo ducato. Anche questa volta però gli arianesi si ribellano. Questa ennesima disputa si risolverà solo 23 anni dopo, nel 1662, quando il Supremo Consiglio d’Italia reintegrò Ariano nel demanio, dove vi restò sino al 1806 con la fine della feudalità. Altro triste momento per Ariano fu la peste ed i terremoti del 1688 e 1702. Ma Ariano ancora una volta si risveglia. L’agricoltura per prima, grazie al suo esteso territorio, e l’edilizia, sono i volani della ripresa. I fabbricati si estendono oltre le mura della città. I fuochi arrivano a ben 1920, se si pensi che Bari ne aveva 2160, Foggia 618, Lucera 1192. Nel fervore dell’Unità d’Italia, molti furono gli arianesi che eroicamente parteciparono ai moto rivoluzionari. Anche se, ancora una volta, Ariano va controcorrente. Il maggiore rappresentante di questo nuovo fermento politico fu il canonico Carlo Luparella, assieme al nipote Domenico Florio, che si mette a capo di numerosi giacobini. Nel 1806, con l’avvento di Napoleone, Ariano diviene sede di Sovrintendenza. Florio, il 2 luglio 1820, con il suo battaglione, raggiunge ad Avellino gli insurrezionalisti Morelli e Silvati. Ariano, forte della sua posizione strategica, diviene il perno dell’arroccamento francese. Ma il partito borbonico, con a capo la famiglia Anzani, si presenta compatto e potente. Ariano resiste, non vuole voltare pagina. Lo stesso arrivo di De Conciliis fu accolto in maniera ostile, al punto che i contadini invasero il paese attaccando le forze liberali. Il successivo arrivo dei garibaldini ristabilì l’ordine con una feroce repressione. Nei moti del 1848, si distinsero Vitolo, Purcaro e De Miranda. Nel 1882 l’avv. Giuseppe Luparella fonda una Banca Popolare Cooperativa, che nel 1887 si trasforma in Banca Agricola e Industriale. Questa diede successivamente origine alla Società per le Costruzioni e l’Industria, che impiantò un primo molino a vapore, uno stabilimento tipografico, una calzoleria, un pastificio ed un panificio.

Dall’Unità d’Italia ad oggi 

Pasquale Stanislao Mancini (1817-1888), pur se nativo di Castelbaronia, fu un arianese a tutti gli effetti, a rappresentare la città sugli scanni del nuovo Parlamento. Fu infatti Ministro della Pubblica Istruzione nel 1862 con il Governo Rattazzi, e nel 1876 Ministro di Grazia e Giustizia ed agli Esteri con il Governo De Pretis. A rappresentare questo grande uomo della politica irpina dopo la sua morte, fu Ottaviano Anzani. Con la sua morte, avvenuta nel 1904, termina anche l’egemonia di questa famiglia. Oggi gli Anzani ad Ariano non sono più presenti. I Franza, prima con Oreste, successivamente con Enea, saranno sino alla metà del 1900 il punto di riferimento della politica locale e nazionale. Alla caduta del fascismo, Ariano, come già era accaduto altre volte, va controcorrente. Nasce il MSI, Enea Franza ne è il maggiore rappresentante, decorato con medaglia di bronzo al valore militare nel 1943, sindaco di Ariano dal 1946 per ben tre mandati consecutivi, nonché unico Senatore della Repubblica a rappresentare il MSI a palazzo Madama, eletto con ben 23.000 voti e per cinque legislature di seguito. L’egemonia dei Franza viene appena scalfita dalla figura di Ireneo Vinciguerra, socialista massimalista e Deputato alla Costituente. Il figlio di Enea Franza, Luigi, pur ereditando l’immenso consenso popolare del padre, inizia la sua carriera politica sempre nel MSI. Avversato dalle forze della Democrazia Cristiana, a fasi alterne entra ed esce dalla scena politica locale e nazionale, senza purtroppo mai essere determinante per le sorti della sua città. Ad Ariano, i maggiori rappresentanti della DC sono stati Ortensio Zecchino, prima consigliere regionale, poi Europarlamentare, Segretario Regionale della DC, infine Ministro della Repubblica, e Giovanni Grasso, segretario provinciale, successivamente Presidente della Giunta Regionale. Attualmente non vi sono rappresentanti.


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